Don Riccardo – 10/04/2014

Cari amici,

vi scrivo in occasione della Pasqua ricordando una persona del mio paese, semplice, ma di grande talento e fede, che ci può guidare nella salita al Calvario con Gesù: la mia maestra Sofia.

Era una donna che leggeva molto e “respirava“ con la  Chiesa. Chiesa – veneta soprattutto – che tante volte la deludeva per la lentezza a capire i segni dei tempi, che non valorizzava gli artisti, che aveva troppi pastori mediocri e meschini, che non aveva coltivato l’utopia del Concilio, che perdeva le masse giovanili, che non si apriva abbastanza al mondo. Una Chiesa frenata da un clericalismo soffocante e onnipresente.  Una Chiesa troppo lenta a cambiare, perché troppo lenta a capire i cambiamenti  in corso e pigra a lasciare le abitudini centenarie. E ciò procurava  alla mia maestra una delusione bruciante. 

Su domanda del parroco, si mise al lavoro per immaginare una Via Crucis  che non fosse un “arredo sacro”, bensì immagini di Vangelo che aiutassero a meditare e a pregare. Originale anche la materia usata: lamiera, semplice e volgare lamiera. Insomma le volgari cose di cui sono fatte anche le nostre croci. Bisogna dire che ebbe un collaboratore d’eccezione, che maneggiava la lamiera come fosse carta: Antonio Fabian, tanto sconosciuto quanto bravo. Due persone semplici, comuni, che da allora aiutano centinaia di cristiani a guardare Cristo e a pregare e  a camminare con Lui.

Adesso, ogni volta che entro in quella chiesa, percorro lentamente con lo sguardo questi quadri: originale il volto del Cristo, lo contemplo sofferente, assorto in una preghiera  continua, grave, maestoso, ma sempre umano, palpitante.

 

Il cammino della Passione non comincia dal pretorio di Pilato e neppure dal Giardino degli Ulivi, ma prima, molto prima, cioè dall’Ultima Cena. Anzi, come dice S. Giovanni, dal miracolo dei pani, dove tanta gente, Giuda incluso, resta profondamente insoddisfatta  per la pochezza del segno promesso da Gesù (non segni strabilianti, ma l’Eucaristia) e gli volta le spalle. In fondo, il sentimento che prepara la croce è la delusione. Leggendo il Vangelo di S. Giovanni siamo stupiti e sorpresi da come Gesù parla della sua morte: “Ritorno al Padre“! E la Via Crucis termina con il Cristo che sale, che ritorna al Padre.

Insomma la prima e l’ultima stazione “danno profondità di campo” e danno senso anche alle nostre vie crucis quotidiane.

 

Quando sono entrato per la prima volta nella cappellina di Betanatanana, sono rimasto colpito dalla mancanza di immagini. Da uno scultore malgascio mi sono fatto fare un crocifisso grande e, per abituare i miei cristiani, terminata la Via Crucis, li invitavo ad avvicinarsi al crocifisso e a dargli un segno di affetto: un bacio o un tocco lieve. Tutti loro, specialmente i bambini, erano restii a questo gesto, perché  nella loro tradizione non è abituale toccare un cadavere, anzi chi lo fa contrae l’impurità rituale. Ma, d’altra parte, questo è un “corpo speciale” e rappresenta  “Qualcuno”.  Ci è voluto del tempo prima che, superando l’esitazione, si avvicinassero senza timore. Adesso è un gesto normale, ma non abitudinario. Insomma  cominciano ad abituarsi all’idea che il nostro Dio non è il Dio-Allah, supremo, ma inaccessibile. E neanche il Dio dei fratelli luterani, che bandiscono ogni immagine sacra dalle loro chiese. Il nostro è un Dio vicino, buono, misericordioso. Portando la sua, porta anche le nostre croci. E questi malgasci di croci ne hanno parecchie e molto pesanti, tra le quali:

 

-la paura provocata dai continui assalti di ladri di bestiame: gli zebù razziati, spesso con la complicità di amministratori e  gendarmi,  vengono nascosti, reimmatricolati e riciclati. Incasso lordo  a operazione finita  qualcosa come quattrocentomila euro in pochi mesi. Ma il saccheggio in questa regione del Melaky ha tante altre forme, anche se questa è di certo una delle più gravi. I ladri sparano, uccidono e, per scoraggiare chi li insegue, si portano via qualche ostaggio. Proprio poche sere fa, in pieno centro a Betanatanana, si sono sentiti alcuni colpi di fucile, poi dopo un breve inseguimento con conseguente colluttazione, tre ladri di bestiame sono stati identificati, malmenati, quindi sono stati condotti fuori dal villaggio e uccisi. Cambiano i posti e cambiano le abitudini (Miova sata miova andriana, dicono i malgasci). A Mandabe i ladri catturati venivano uccisi sul posto e la loro mano destra staccata con un colpo di scure e portata al posto di gendarmeria più vicino. Purtroppo, quando la gente è esasperata dall’inettitudine e dalla corruzione, “reagisce” a suo modo: come frenare questo imbarbarimento?

 

-Le difficoltà per  accedere  alle cure mediche. E qui le vittime sono sempre in maggioranza le donne e i bambini. Maintirano non è lontano, ma i soldi per portare qualcuno all’ospedale sono sempre tanti, troppi. E poi l’ospedale lo è di nome, ma poco nelle prestazioni.

 

-La scuola dei figli: mandare a i figli a scuola è un costo, ma che non garantisce neanche un minimo di istruzione. I politici hanno inventato gli insegnanti “vacataires“, pagati metà dallo Stato e metà dai genitori. Una menzogna pietosa: l’insegnante che non è mai pagato puntualmente, lavora a malapena per qualche ora la settimana e poi pensa ai fatti suoi. I bambini delle campagne crescono analfabeti, vittime poi di chi li sfrutta abusando della loro credulità e della loro ignoranza, se non addirittura li assolda per organizzare in grande stile furti di bestiame o attacchi ai commercianti della zona.

 

-La  sottoalimentazione, e talvolta la fame, è onnipresente. Oltre ai grandi periodi di siccità, ci si sono messi in questi anni stormi sempre più grandi di cavallette, che ripuliscono tutto al loro passaggio.  E così questa gente ha visto, durante la campagna elettorale recente, sprechi  insensati  fatti dai politici che poi vengono a raccontare che lo Stato non ha soldi per comprare gli insetticidi. Anche l’ecologia ci si mette di mezzo, affermando che gli insetticidi sono pericolosi. Quei raccolti che sono costati sudori e lacrime se ne vanno nel giro di poche ore.

 

-L’ instabilità politica è un’altra “variabile” che sta spremendo un paese già esangue. A tre mesi e mezzo dalle elezioni, svoltesi con il patrocinio dei potenti della Terra, non c’è ancora un governo. Ma anche se ci fosse, non ne sarebbe garantita la durata.  Dall’indipendenza in poi (60 anni circa), non c’è ancora  stato un governo che sia arrivato a termine del mandato: tutti sempre cacciati via per corruzione e incapacità.

 

Mi sono fermato stavolta su “queste croci nazionali “, vorrei sottolineare l’abbandono  di questo popolo sempre illuso e sempre tradito.  A questa mia gente dirò ancora una volta che Gesù non illude e non tradisce, che la  Pasqua è sempre possibile, se crediamo che la Pasqua  possa cominciare da noi, perché allora il cambiamento ci sarà  e sarà duraturo.

 

Vi posso assicurare che la missione a Betanatanana è molto attiva e inizia a dare dei ritorni positivi come partecipazione  della gente alle iniziative promosse. I lavori di costruzione sono stati sospesi in questi mesi di piogge, ma riprenderanno alacremente da maggio, per consentire  il completamento dei progetti sul nuovo terreno: scuole elementari e medie, alloggi per insegnanti, sale di supporto, i servizi igienici, i pozzi.  Penso che tutto sarà pronto per il prossimo  anno scolastico.

E’ veramente sorprendente  vivere ogni giorno la provvidenza attraverso il compiersi di queste opere tanto impegnative quanto indispensabili.

La riconoscenza di questi bambini e dei loro genitori per la vostra solidarietà è veramente grande e non mancano di esprimerla in ogni occasione, specialmente nella preghiera comunitaria.

Un grande grazie anche da parte mia a tutti voi e a ciascuno di voi, che vi siete presi carico di questa missione con tanto affetto, impegno e sacrificio.

 

Vi auguro una Santa Pasqua piena di gioia e di vera conversione dell’anima.

 

don Riccardo