Don Riccardo – 24/12/2017

Cari amici,

credo che queste righe vi arrivino col calendario del 2018, che vi porterà i colori di questa terra ed i volti di questa gente con la quale vivo ormai da cinque anni.

Se qualcuno tempo fa mi avesse detto quanto successo qui in questi anni, lo avrei considerato come un imbonitore. La realtà è invece sotto i nostri occhi, pieni di stupore e riconoscenti per le meraviglie e i doni di Dio.

Il nostro Papa Francesco raccomanda la conversione pastorale… Parole strane per chi non frequenta le sagrestie. Credo che lui voglia semplicemente fare questa raccomandazione a noi preti: amate molto la gente insieme alla quale vivete e fidatevi dei suggerimenti del cuore!

Il mio primo impegno qui è l’attività pastorale, che ha molti aspetti: la catechesi, le visite nei villaggi, i sacramenti, la formazione dei catechisti, l’educazione alla preghiera, l’animazione delle vocazioni, la conoscenza della cultura di qui, le relazioni con le altre religioni, ecc.

Sapete che adesso la regione del Melaky è stata costituita diocesi. Non si può ignorare ciò che missionari e catechisti hanno fatto in questi quasi ottant’anni passati. L’erezione a diocesi vuole essere una spinta ulteriore a impiantare la Chiesa in questa regione. E siamo davvero agli inizi. Non esistono statistiche affidabili su questa popolazione che mi è stata affidata. Diciamo che non siamo lontani dal vero se pensiamo a 40000 abitanti circa. E i cattolici non raggiungono il migliaio.

Ecco allora la necessità di avere collaboratori motivati e attivi. Avendo assicurata la collaborazione di una trentina di insegnanti e di una dozzina di catechisti, diciamo che il numero c’è… La qualità verrà poco alla volta. Adesso le comunità cristiane da visitare sono una dozzina… sicché mi fermo a Betanatanana per la messa domenicale una volta ogni due, tre mesi.

Di certo devo dire che assisto a un gran risveglio… E questo mi ripaga abbondantemente di tutto.

So che dovrei dare molto più tempo e attenzione ai rapporti con le altre confessioni religiose.

Come non pensare a contatti più profondi con i luterani, che hanno preceduto i cattolici nell’evangelizzazione di questa regione e che si sono dati una struttura ed un’organizzazione esemplare. Soprattutto in questi tempi, in cui ricordiamo non solo gli inizi della Riforma, ma anche le centinaia di anni “sprecati” nella lotta gli uni contro gli altri. E le divisioni nate in Europa hanno poi fatalmente seguito i missionari in terra di missione… con i risultati amari che conosciamo. Ma non è mai tardi per mettersi a studiare le ricerche recenti sulla Riforma. Un amico mi regalò qualche anno fa cinque corposi volumi sulla storia del Concilio di Trento. Li ho letti e riletti, ma dovrei rifarlo, per meglio capire che cosa successe in quegli anni tumultuosi in seno alla Chiesa e meglio comprendere che ciò avvenne “non senza colpe degli uni e degli altri” (come dice il Concilio Vaticano II). Papa Francesco dalla Svezia ha lanciato un segnale forte a tutta la Chiesa, ma soprattutto a noi missionari… per pedalare un po’ più forte in questa direzione.

Bisognerebbe dare un più di tempo all’Islam, soprattutto a quello di qui, nella sua “edizione contadina” e nel suo sforzo  di acculturarsi… sempre mantenendo tuttavia le preghiere in lingua araba.

Dovrei dare molto più tempo, studi e presenza ai culti tradizionali, comprese le “varianti” dovute alle diversità di origine delle etnie che vivono qui.

Come vedete i buoni propositi ci sono… quasi tutti. E poi come sempre si finisce a fare quello che è più urgente… o che, almeno, è considerato tale.

Le scuole sono il grande sforzo di questi anni. Al mio arrivo c’era una piccola scuola… Molto malmessa. Volevo incrementare la presenza delle scuole soprattutto nei villaggi più importanti. Aprire una scuola comporta, oltre ai muri, anche il pozzo, gli alloggi per gli insegnanti, la ricerca e formazione di buoni insegnanti, l’acquisto del mobilio scolastico e del materiale pedagogico, l’animazione e la motivazione dei genitori, oltre al monitoraggio quasi quotidiano di ciò che succede, perché di sorprese ce ne sono sempre. Tutto ciò accompagnato dalla consapevolezza che, alla fine dell’anno scolastico, una buona parte degli insegnanti lascia l’incarico e che quindi bisogna rimettersi alla ricerca di nuove leve.

Per insegnare in questi posti, dove l’insicurezza regna sovrana e la paura di essere aggrediti è palpabile, ci vuole parecchia forza, tanto coraggio, ma anche tanta passione e amore verso questi ragazzi!

Avrete capito che tutto questo richiede il dispendio di molte energie. Ecco perché dico sempre un grande grazie a voi genitori che ci aiutate con le adozioni a distanza!

Adesso le scuole di brousse sono nove, frequentate da oltre 1200 ragazzi. Perché questa fretta? Diciamo brutalmente che i fucili non hanno mai fermato il banditismo e la violenza. Le scuole invece possono davvero essere il lievito di fraternità, di perdono, di sviluppo e di speranza per queste centinaia di figli  di contadini che non hanno molte prospettive davanti a sé.

In quasi 60 anni di indipendenza in questa regione non sono state fatte strade, non è sorta una fabbrica, un’industria, non sono stati creati posti di lavoro. Il rendimento delle risaie è sempre mediocre: 1500-2000 chilogrammi per ettaro di riso non ripulito. Senza la speranza di un futuro positivo, molti giovani preferiscono imbracciare un fucile, cercarsi zebù e il necessario per vivere dandosi al banditismo (pensate che quando attaccano le capanne si portano via tutto quello che trovano: zanzariere, riso, utensileria da cucina, ecc.). Ovviamente le scuole non sono il toccasana. Se la società civile non cresce, se lo Stato non è presente con istituzioni efficienti e oneste, se la giustizia non trova il suo posto dentro questa società amministrando un diritto davvero uguale per tutti, se le comunicazioni non aiutano ad uscire da un isolamento che punisce tutti coloro che vogliono prospettive economiche e di sviluppo a portata di mano (il discorso tocca ovviamente anche la sanità, la scuola, i mercati, la sicurezza, ecc.) allora non ci sono speranze. Ma noi INVECE siamo qui per dare speranza a tutti, dichiarando apertamente che non ci si arrende mai!

Ed è in questo contesto turbolento che il Signore ci ha inviati (dico bene al plurale, perché ciu siete anche voi!). Non ci garantisce una vita tranquilla, ma ci assicura che “sarà sempre con noi”. Ed è quello che ci basta.

Mentre vi scrivo, sto passando giorni tristi per i decessi frequenti di tanti vostri familiari e amici. Non ho altro per consolarvi se non la preghiera fatta con questa gente e con i nostri ragazzi!

Nella mia preghiera quotidiana penso anche a voi, amici anziani e malati.

Vorrei dire anche la mia vicinanza a tanti di voi impegnati nelle cure dei genitori anziani. Alcuni debilitati dalla malattia e incapaci di riconoscervi o di dirvi semplicemente grazie. Sappiamo che, anche in questa stagione della vita, la nostra attenzione li ripaga un po’ delle cose immense che ci hanno dato.

A tutti voi che ci avete sostenuto con la preghiera l’affetto e la generosità, mentre vi ridiciamo grazie, chiediamo di ringraziare il Signore per le tante belle cose che abbiamo realizzato quest’anno.

Ci avviamo verso il Natale e faremo il presepio. Vorrei chiedervi di metterci due statuine: una che rappresenti i migranti e una che rappresenti la gente di qui. Sarebbe un bel segno, perché dirà che anch’essi, prima di essere nel presepio sono nel nostro cuore.

Auguri a tutti di buone feste.

Vi abbraccio,

   don Riccardo