Don Riccardo – 04/04/2019

Cari amici,

sono qui a Antsiraraka da cinque mesi e cerco di capire questa nuova realtà fatta di gente semplice, laboriosa, disponibile… ma ferita dentro.

Si sa che cominciare una nuova missione vuol sempre dire avventurarsi in territori nuovi e poco noti.

Apparentemente niente li distingue da altri… Ma, poco alla volta, soprattutto quando si sfoglia qualche pagina di storia – passata o recente che sia – tutto comincia ad animarsi. Ho così iniziato a “seguire i sentieri” di questo piccolo distretto e pian piano sono entrato nella loro storia, anzi nelle loro storie…

Ormai di zebù ne rimangono pochi (a causa delle frequenti razzie) e la gente trasporta tutto sulla testa.

Ma i furti richiamano reazioni violente e vendette. Cito come esempio il villaggio di Tanambao: un anno fa circa, tre uomini vengono denunciati e condannati dal tribunale; qualcuno li accusa di far parte di una banda, ma non si sa né come né perché, i tre vengono accompagnati sulle rive della Tsiribihina e uccisi. La reazione a Tanambao è stata immediata e violenta: una notte 22 capanne vengono date alle fiamme e la fuga è generale, tutti abbandonano il villaggio. Ho citato Tanambao, ma potrei fare nomi di altri cinque o sei villaggi che hanno vissuto vicende simili.

Sono stato a Andimaka: la violenza ha lasciato tracce ben visibili:

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Vedere le erbacce davanti alla soglia delle capanne vuol dire che da mesi ormai la gente non vive più al villaggio, che le risaie non sono lavorate e che quindi… si va verso la fame. Con l’aiuto di una ONG sono stati fatti lavori importanti per convogliare l’acqua nel villaggio… Oggi tutto distrutto e abbandonato.

Neppure la scuola è stata risparmiata, letteralmente saccheggiata. Senza scuola non c’è futuro per nessuno: genitori, ragazzi, il villaggio stesso.

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Altro segno di imbarbarimento sono i furti nelle tombe per rubare le ossa dei morti e venderle ai clandestini. Vicino al villaggio, ho visto sette grandi tombe; sorpreso, ne ho chiesto il perché: visto che i furti continuavano, ogni grande famiglia ha fatto tombe vicino al villaggio. Mentre vi scrivo la situazione non è cambiata. Ecco perché cerco di visitare tutti i villaggi e di aiutare la gente ad aprirsi verso la riconciliazione. Sono i primi passi di chi come me è inesperto in queste vicende. La presenza di qualche anziano è davvero provvidenziale.

E’ chiaro che sarà il mio impegno primario quello di aiutarli ad uscire dalle tombe di odio e di paura: è indispensabile la vostra preghiera… E poi ci aspetta il lavoro di ricostruzione.

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La Pasqua è prossima e quindi vorrei far giungere a tutti i miei auguri per una Santa Pasqua.

A voi anziani, malati e magari soli, a voi malati gravi che vivete la sofferenza giorno dopo giorno, a voi che conoscete il dramma familiare dell’incomprensione e della separazione, a voi tutti che da lontano mi accompagnate e sostenete. E’ una grande fortuna per me avervi incontrato ed avervi come amici.

Il mio ricordo quotidiano nella preghiera e nell’affetto vi accompagna sempre.

Vi abbraccio. Buona Pasqua!

Padre Riccardo