“Il bene fatto è un tesoro affidato alla terra: prima o poi ritorna”. (Don Riccardo – 01/04/2011)

S. Pasqua 2011

Carissimi amici,
ritorno a farmi vivo dopo questi mesi di isolamento totale. Sapete comunque che non è certo stato tempo di inerzia. Quest’anno le piogge sono state abbondanti e abbastanza regolari. Con le piogge, i fiumi si ingrossano e parecchie volte i trattori che vanno a Morondava sono obbligati a lunghe soste in riva ai fiumi (anche di tre, quattro giorni), nell’attesa che l’acqua diminuisca per poterli guadare. Col mese di marzo le piogge sono diminuite e le comunicazioni lentamente riprendono. E così sono entrato ancora una volta nell’alveo della vita di qui, fatta di eventi piccoli e grandi del vivere quotidiano. Le mie giornate, come sapete, sono fatte di cose ordinarie: preghiera, silenzio, lavoro, studio, accoglienza della gente.

Durante l’anno sono due i periodi difficili per questa gente, quando il riso scarseggia e il cibo non basta più: da settembre fino a metà novembre e poi da febbraio fino a metà aprile. Cerco di coltivare delle arachidi, aiuto diverse famiglie prestando loro le sementi di cui hanno bisogno, ma chiedendo di riportarmi, a raccolto avvenuto, l’equivalente di quelle ricevute. Ma vedo che sono pochi che mi seguono. Mi fanno i complimenti perché i raccolti della missione sono belli… ma quando spiego loro come ho fatto e li invito a provare… le risposte non sono sempre positive. Comunque le piogge sono venute abbondanti: chi ha piantato, fra poco avrà buoni raccolti. In attesa che ci sia un piano regionale di protezione dei boschi, se mai ce ne sarà uno, quest’anno tutti i ragazzi della scuola, suore e insegnanti in testa, sono andati a piantare alberi utilizzando le sementi di Nîmes (una qualità di albero che cresce molto in fretta!) in un grande spazio dove si trova anche uno dei due cimiteri di Mandabe. I malgasci temono i morti e quindi spero che non ci sia chi provoca incendi anche lì. Lo scorso anno, nello stesso periodo, la seconda domenica di febbraio, tutti i cristiani sono andati a piantare alberi in un grande “anfiteatro naturale”, dove comincia a scorrere il canale di Mandabe (dal fiume Fandroa), appena riaperto dopo le piogge. Ho pensato che questa protezione naturale potrebbe frenare un poco l’erosione che porta centinaia di metri cubi di sabbia sempre più vicino al canale. Mi sento un po’ don Chisciotte in questo sforzo, che manca di inquadramento e di una seria “politica di protezione della natura” a livello comunale, regionale e nazionale. Comunque ci si impegna in queste piccole cose, cercando di suscitare il problema, sensibilizzando soprattutto i ragazzi. E poi, chissà che non spunti qualcosa…

Anche quest’anno un buon terzo degli alunni delle scuole di campagna (brousse) si sono presentati a scuola alla fine di novembre, anziché a settembre. I genitori tengono a casa i figli più grandicelli per curare i fratellini più piccoli, oppure per portare al pascolo gli zebù o per aiutarli nei lavori delle risaie. I diritti del bambino, che pur sono scritti nella costituzione, nelle campagne sono ignorati. Dopo dieci anni siamo ben lungi dall’aver vinto la battaglia di portare tutti i ragazzi a scuola e sono ancora molto scettico sulla sopravvivenza delle scuole di brousse, qualora, un domani, vengano trasferite nelle mani dei responsabili locali. Tutto porta a credere che continuerà ad essere una battaglia quella di riuscire a portare tutti i ragazzi delle campagne a scuola! Ci vorrà tempo, perseveranza, anzi ostinazione, per arrivare al traguardo.

Quando tempo fa si è trattato di “consegnare“ il canale di Fandroa all’amministrazione comunale di Mandabe, non vi nascondo che avevo avvertito un senso di frustrazione, di sconfitta. Proprio questi amministratori si erano dimostrati “ostili”, per non dire altro. Restava comunque il fatto che non ero stato capace di coinvolgerli. D’altra parte, manicheo come sono, non mi andava di “patteggiare” concessioni contro la legge. Quell’incontro comunque ci aveva permesso di parlare, seppur da sponde distanti. Qualche giorno fa, un contadino incontrandomi mi ha confermato che una decina di soci della cooperativa per la gestione del canale aveva rimesso in funzione una parte di questo che irrigava le loro risaie ed ora stavano…tagliando il riso. La messe era molto abbondante. Ho compreso che erano quindi maturi i tempi per rilanciare l’uso collettivo e organizzato del canale. Ho ripreso dunque il dialogo con gli amministratori del comune, ricordando loro che avevano una buona carta in mano e che era il momento di coinvolgere tutta Mandabe nell’uso e nella manutenzione del canale. Morale della favola, come dicono i malgasci: “ny soa natao, levenam-bola” cioè “il bene fatto è un tesoro affidato alla terra, presto o tardi ritorna”. Questo ci tranquillizza: ciò che abbiamo fatto con tanti sacrifici… va avanti.

Ho appena fatto un sopralluogo sul canale di Ambango. Bisognerà riprendere in mano i preventivi, rivedere meticolosamente i lavori da ultimare e terminarli al più presto. Come in tutte le cose, le sorprese non mancano: le piogge hanno messo in evidenza delle rettifiche da apportare… e qualche spesa in più. D’altra parte ho optato per qualche modifica, affinché gli “utenti” del canale di Ambango siano più numerosi. E’ una garanzia supplementare per una manutenzione più equamente distribuita e continua.

La scuola elementare di Besely è ultimata. Ho chiesto ai genitori del villaggio di procedere alla celebrazione dei loro riti per domandare al Creatore ed ai loro morti la benedizione, prima di mandare i loro ragazzi nella scuola. Magari questa notizia farà sorridere più di qualcuno di voi, ma se queste sono le loro convinzioni, l’amicizia e la collaborazione esigono che siano rispettate. Non accetterebbero mai di mandare i loro figli in un edificio che non sia stato prima assicurato alla protezione dei loro morti.

Dopo un lungo periplo, le due casse contenenti materiale vario per il nostro ambulatorio sono arrivate bene… nonostante fossimo in piena stagione delle piogge. Adesso non ci resta che installare e far funzionare le apparecchiature mediche. Quando la stagione sarà ben asciutta, la “suorina” che gestisce il dispensario farà uno stage di formazione, dopo il quale nuovi servizi ambulatoriali, come l’estrazione di denti, le analisi di laboratorio più correnti e l’ecografia della donne incinte, saranno finalmente a disposizione della gente. Riconfermiamo ai nostri cari benefattori, a chi ha provveduto a preparare le casse e a spedirle, tutta la nostra gratitudine.

In una delle lettere che P. Charles de Foucauld scriveva ai suoi familiari qualche anno prima di essere ucciso, diceva: “Per far del bene alle anime, bisogna poter parlare ad esse, e per parlare del Buon Dio e delle cose interiori, bisogna sapere bene la loro lingua”. Solo alcuni anni dopo, al momento della sua morte, rovistando fra le sue carte, si seppe che questo missionario, sperduto in pieno Sahara, era diventato il più grande specialista della cultura Touareg. Aveva scritto un dizionario, una grammatica e raccolto i canti, i poemi, le tradizioni… insomma conosceva l’anima profonda dei suoi Touareg. Mentre gli esploratori francesi, suoi amici, qualificavano questo popolo come “selvaggio”. Durante questi mesi ho continuato a studiare questo popolo malgascio (ancora un grazie infinito a voi amici che mi provvedete di libri!). Non ho certo velleità di studioso, ma capisco sempre meglio che approfondendo la conoscenza di questo popolo, la sua storia, le sue tradizioni, insomma la sua cultura, posso evitare tanti errori dovuti alla nostra superficialità, al nostro senso di superiorità, ecc. Lo studio mi aiuta a capirli un po’ di più , a rispettarli, ad amarli e a servirli. Chi è stato qui, prima di ripartire, ha ascoltato le parole di ringraziamento e di addio dalla bocca di M.me Albertine (la cuoca della missione). Ha potuto così stupirsi e sorprendersi di quanto profonda sia questa donnina, senza “cultura”, che non ha girato il mondo, ma che ha una profondità interiore sensazionale.

Stiamo andando verso Pasqua e ho fatto da qualche tempo la scoperta di leggere il Vangelo “con occhi malgasci”. Ho ascoltato i miei collaboratori commentare, ad esempio, il brano della “sepoltura di Gesù” secondo Giovanni. Ho visto con loro come vivono il dolore, la malattia, il mistero della morte. Le tappe della sepoltura rendono questa persona che ci ha lasciati uno fra i nostri antenati, che poi ricorderemo e a cui frequentemente chiederemo la benedizione prima di accingerci a fare qualcosa di importante (costruire una casa o una tomba, dissodare una nuova risaia, cominciare un lungo viaggio, preparare il recinto per gli zebù, fare un matrimonio, procedere alla circoncisione, ecc.). Questo ci dice che di certo la morte è un evento che apre a un’altra vita. Non si finisce mai di imparare.

A tutti voi grazie del bene che mi fate e dell’affetto che mi date. Gesù Risorto ci sia sempre vicino, presenza discreta e fraterna, durante questo nostro viaggio terreno.
Un abbraccio forte a tutti con i migliori auguri per una Santa Pasqua.




don Riccardo