REGIONE DEL MENABE (2018-oggi)

A fine marzo 2018 don Riccardo torna in Italia per vari motivi, tra cui anche il riposo: si è appena trasferito da Betanatanana a Antsiraraka e sa bene cosa significhi avviare una missione.

Occorre molta energia, bisogna stare sul posto per conoscere le persone e soprattutto per farsi conoscere. E’ necessario spostarsi – a piedi – di villaggio in villaggio, per visitare le piccole comunità e conoscere fino a dove si estende il distretto. Apprenderemo a poco a poco dalle parole di don Riccardo che gli capita spesso di dover percorrere fino a 40 km sotto il sole per andare a incontrare “solo” 6 o 7 cristiani: alcuni di loro davvero stupiti per aver ricevuto, dopo anni, la visita del missionario!

PERCHÉ ANDARE A PIEDI?

Una macchina? Una moto?… Si arriva prima, no? Sì, è vero si arriva prima, si risparmia tempo. Ma a prescindere dalla difficoltà di trovare un mezzo e dalla frequente impraticabilità delle piste, don Riccardo sceglie volutamente di andare a piedi, perché lì tutti vanno a piedi: è la loro fatica quotidiana.

Andando a piedi, c’è tempo per fermarsi, salutare, farsi conoscere. C’è tempo per ascoltare a lungo i collaboratori. C’è tempo per conoscere meglio i problemi del villaggio, imparare così un po’ di nomi. C’è tempo per il silenzio! C’è tempo per pregare. L’incontro con la gente, allora, è preparato e vissuto già strada facendo.

Non è urgente arrivare PRIMA, è urgente arrivare BENE!

chiattaDon Riccardo non fa paragoni con le missioni in cui è stato negli anni passati, né con Mandabe, né con Betanatanana: ogni luogo è diverso, ogni volta è un nuovo inizio e una nuova esperienza.

Gli inizi sono sempre molto duri perché c’è bisogno di tempo affinché le persone lo conoscano e piano piano imparino a fidarsi di lui. Prima di andare in un villaggio, don Riccardo chiede di poter pregare con loro e poi, una volta insieme, a poco a poco, dal momento di preghiera, di scambio, di condivisione, può nascere la richiesta, per esempio, di costruire una scuola. Ma è un passaggio successivo e, soprattutto, graduale.

Alla sua ripartenza per il Madagascar, a giugno 2018, don Riccardo non era in grado di ipotizzare un prossimo rientro in Italia: il tempo necessario per affiatarsi con la sua “squadra”, per “allenarla” non sarà poco e questo lui lo sa bene: si tratterà di selezionare e provvedere alla formazione dei catechisti, i quali rappresentano la “lunga mano” di don Riccardo dove e quando lui non è presente; sceglierli non è affatto semplice: occorre visitare il villaggio, anche più volte, ascoltare gli anziani del posto – la radice del villaggio – sentire da loro chi sono queste persone, e poi osservare … E’ un’opera di discernimento che occupa parecchio tempo, ma che può dare frutto solo se fatta per bene.

A partire dal trasferimento da Betanatanana, lui e i suoi collaboratori, Albertine e Vincent, hanno saputo adattarsi ad un posto nuovo, affrontare diversi disagi, acquistare l’acqua per il loro fabbisogno, vivere in alloggi senza comodità. Vincent vive in una specie di hangar da lui costruito come deposito attrezzi e materiale in modo da poterne essere anche il custode.

“La gente del posto cosa penserà di questi tre?”

Per don Riccardo i suoi due collaboratori rappresentano indubbiamente una sicurezza: Vincent supervisiona i lavori, Albertine permette di avere una missione con la porta aperta, anche quando don Riccardo non c’è, perchè è una donna fidata, di fede e di senso pratico, in grado di accogliere le persone, di ascoltare le loro necessità e di riferire poi al “Monpera” non appena è di ritorno.

3 (1)Non sono semplici collaboratori, sono anch’essi missionari! Possiamo anzi dire che ad Antsiraraka i missionari sono tre e sono un segno di Chiesa per don Riccardo e per la gente del posto. Vincent e Albertine, inoltre, sono “due di loro”: due persone che parlano la loro lingua, che conoscono i loro canti, che sanno cosa sia la fatica. Ciò non significa che don Riccardo non lo sappia, al contrario, ma specialmente agli inizi colpisce molto di più l’esempio e la figura di qualcuno più vicino alla gente del posto, di un malgascio come loro.

Questa è una piccola Chiesa che da Betanatanana ha saputo alzare le tende e andare verso un’altra periferia.

A proposito di costruzioni, don Riccardo ci aveva aggiornato, durante la sua visita in Italia, circa la necessità di costruire una chiesa che fosse grande e che potesse accogliere tante persone per i momenti liturgici più importanti.

chiesa1Il geometra Molinari, amico da sempre di don Riccardo e della Missione, insieme alla sua équipe, ha rinnovato la sua solidale disponibilità, nel progettare e nel seguire la costruzione della nuova chiesa di Antsiraraka, così come aveva fatto per la chiesa di Betanatanana.

Le difficoltà per la costruzione della chiesa sono state innumerevoli, sia per le complicazioni sorte per il reperimento del terreno, sia successivamente per la lentezza dell’esecuzione dei lavori, a causa dei poveri mezzi disponibili per la bonifica del terreno e per la conformazione stessa, che ha provocato continue frane negli scavi per le fondazioni.

Per quanto riguarda le scuole, non vi è la necessità di costruirne una ad Antsiraraka, in quanto vi è già da qualche anno una scuola ben funzionante, gestita dalle suore. Il problema riguarda però i villaggi del distretto, lontani e poveri, che non hanno la possibilità di accedere a questo fondamentale servizio.

8 (1)Ed è in questa direzione che la nostra associazione si impegna: costruire delle aule nei vari villaggi che ne faranno richiesta, assegnando un insegnante, e che possano fungere anche da cappella per la preghiera domenicale.

Ad Antsiraraka è stata costruita una sala per la formazione dei catechisti. Sono figure molto preziose per la Missione e per questo don Riccardo ha scelto di dedicare loro un tempo piuttosto lungo tra novembre e dicembre 2019 per la loro formazione, affinché potessero prepararsi e a loro volta preparare i loro fratelli e sorelle alla celebrazione del Natale.

Per sostenere queste comunità, ogni domenica il “Monpera” va a celebrare in un villaggio diverso (in genere, resta a Antsiraraka durante la settimana, anche per monitorare l’avanzamento dei lavori): pur essendo piccole comunità, il terreno appare fecondo e presto la vita là cambierà, grazie anche all’influenza positiva delle scuole.

Potrebbero apparire modelli ripetuti e ripetitivi, che don Riccardo si porta dietro di missione in missione. Tuttavia le singole realtà sono ogni volta nuove, le etnie sono diverse e i problemi – così come le potenzialità – sono sempre inediti. In questa missione in particolare si assiste a delle vere e proprie lotte tra gruppi etnici e famigliari che provocano furti e omicidi. Alla piaga della povertà, si aggiunge quindi quella della sofferenza e della divisione: da qui la necessità per don Riccardo di lavorare su processi di riconciliazione. Spesso queste persone si trovano a vivere da poveri e impoveriti a causa dei furti di bestiame. Per non parlare poi della corruzione a vari livelli, come quella dei gendarmi che fermano i taxi-brousse per poter “spremere” i già ben poco abbienti passeggeri. Non è un caso se don Riccardo ci racconta di partire spesso nel cuore della notte, appunto per provare a evitare certi “controlli”.

chiesa2A primavera 2020 i lavori per la chiesa sono a buon punto: la parte in muratura è terminata e le impalcature sono state rimosse; ma purtroppo le celebrazioni per la Pasqua non possono essere fatte a causa delle restrizioni per la pandemia in corso (vedi lettera circolare di Pasqua in Archivio/Lettere di Padre Riccardo).

Colpisce un altro aspetto del vissuto missionario di don Riccardo: la missione che lascia la consegna letteralmente alla sua gente e non si volta mai indietro con sguardo nostalgico o con rimpianto: ciò educa anche noi ad aprirci, ad essere costantemente in uscita e a vincere la tentazione che potrebbe farci dire “Abbiamo fatto tanto e bene, perché spostarci? Perché iniziare nuove sfide, incontrare nuove fatiche e difficoltà? Meglio fermarci qui…”. Don Riccardo invece sa e vuole guardare avanti, andare oltre e ricominciare, perché ciò che è importante è che “il Vangelo cammini”.

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