Don Riccardo – 04/05/2013

Maintirano, 4 maggio 2013

Carissimi amici,
sono da qualche giorno ormai qui a Maintirano e quando leggerete queste righe avrò cominciato a traslocare a Betanatanana. Prima però vorrei ridire a tutti voi la mia gratitudine.

Lo sapete bene che tornare in Italia è come seguire una procedura già fissata in partenza: visita ai familiari, servizio pastorale, incontri con parrocchie e gruppi per animazione missionaria, incontri con i sostenitori della missione, visite mediche. Il programma sembra chiaro, quasi elementare.
Nei fatti le cose non sempre si incastrano secondo le previsioni; immaginate la frustrazione, la difficoltà di gestire un programma che deve procedere a ritmi sostenuti e la delusione di tanti che si chiedono “come mai non siamo in lista?”.
Nei casi “fuori programma” ci sono quelli che sono comunque in testa ai programmi, per esempio le visite ai malati, soprattutto quelli gravi. Sono sempre fiducioso nella vostra comprensione, perché so che fra amici non occorrono molte parole.
I tre mesi sono volati via e a tutti vorrei ripetere ancora grazie per quello che questa parola slavata ormai dall’uso può ancora significare.

Non arriviamo in un “territorio vergine”, altri sono già passati prima di noi da queste parti (regione del Mèlaky):
– i malgasci, antichi e recenti, che hanno portato il tesoro delle loro tradizioni ancestrali, basate sul culto dei morti;
– gli arabi, che già verso l’anno 1000 hanno portato, con il commercio, anche il Corano, l’astrologia e l’alfabeto;
– gli indiani, provenienti dalla stato del Gujarat, che ha una lunghissima tradizione commerciale con gli stati limitrofi. Se si guarda la carta dell’Oceano Indiano, si vede che la parte centrale gode della presenza di “scali naturali”: le isole Maldive, le isole Seichelles e le isole Comore, che di certo hanno facilitato i viaggi, gli scambi commerciali e le migrazioni di ogni genere;
– i portoghesi, che si sono affacciati da queste parti dopo il 1500. Un gesuita “italianissimo”, Luigi Mariana (“portoghesizzato” in Louis Mariano), per conto della corona portoghese, effettua verso 1612 la circumnavigazione del Madagascar, chiamata allora isola di S. Lorenzo;
– olandesi, danesi, inglesi, americani, arrivati qui per commercio e soprattutto per gli schiavi;
– i missionari luterani norvegesi, che danno inizio all’evangelizzazione a partire dal 1872. Fra di loro ci sono degli studiosi ammirevoli;
– i francesi, che a partire dal 1896 cominciano con l’occupazione militare e la colonizzazione sistematica dell’isola. 

 

 

Si potrebbe quasi dire, alla luce della storia, che i cattolici arrivano “buoni ultimi” da queste parti. I primi approcci “sterili” dei gesuiti, sono seguiti poi dall’impegno dei missionari Spiritani, dai Salettini e poi dai Padri Trinitari.

Occorre veramente avvicinarsi a questa gente con grande umiltà e con l’attitudine di chi davvero viene per servire il Vangelo. Se le mie stime sono ragionevoli, la percentuale dei cattolici non dovrebbe essere oltre il 2% di questa popolazione. Come vi ho già detto, l’erezione di questa regione a diocesi autonoma, dovrebbe dare un grande rilancio all’annuncio del Vangelo, anche attraverso le opere di carità.


Route nationale 1 bis

 

Come immaginavo, il mio viaggio di arrivo qui non è stato tranquillo. Siamo partiti da Tananarive il 26 aprile e siamo arrivati mercoledì 1 maggio. Avevo previsto di noleggiare una macchina e fare il viaggio con altre due persone, fra cui un Padre Trinitario di qui. Arrivati a Tsiroanomandidy, dopo il primo giorno di viaggio, la pioggia durata tutta la notte ci ha regalato una pista che, oltre alle buche di tutte le forme e dimensioni, era scivolosa come il sapone. A 130 km circa dalla partenza, ci ritroviamo nella “Antsakasarotra” (letteralmente “vallata difficile”) che è stata per noi un incubo: al momento di cominciare la discesa, abbiamo incontrato un pulmino che stava salendo in direzione opposta, piantato letteralmente nei solchi della pista. Quindi priorità assoluta a chi sale. Abbiamo dovuto aspettare buona parte della giornata perché il pulmino salisse. Erano oramai le 6 di sera. Nel frattempo il nostro giovane e inesperto autista si era accorto di una bella croce eretta in ricordo di un incidente avvenuto un anno fa, dove morirono diverse persone, fra cui una suora e dei resti attorcigliati di un camion finito anche lui fuori pista, mentre ascoltava atterrito quanto gli raccontava la gente del posto…il resto della strada non era di certo più facile di quello fatto finora. Anch’io guardavo un po’ spaesato il sole che ormai scendeva e due lemuri incuriositi sui rami che ascoltavano le voci di tanta gente… 
Il nostro autista ci ha detto francamente “Io non proseguo, neanche se mi sparate”. Abbiamo passato la notte sul posto e al mattino seguente siamo ritornati a Tsiroanomandidy: avevamo fatto solo 200 dei 600 km del percorso.
Rinegoziando un po’ di posti con i taxi-brousse per Maintirano, siamo ripartiti due giorni dopo. 
Ovviamente le mie non sono dimensioni “normali” e meno ancora lo sono per queste “macchinette” stipate all’inverosimile. E così, dopo un giorno e mezzo di “corsa” in questa memorabile “Route nationale 1 bis” siamo finalmente arrivati. E devo dire ben ammaccato. Ma anche questo fa parte della missione, vero?

 

 Domani, domenica, avrò il primo incontro ufficiale con la gente di Betanatanana e poi comincerò il trasferimento… Dovrò iniziare ad occuparmi della gestione dell’acqua: i pochi pozzi esistenti, per la scarsa manutenzione, ne forniscono molto poca e quindi bisogna raccoglierla in recipienti quando è disponibile, per un futuro utilizzo. Il progetto è comunque di escavare un nuovo pozzo ad uso della missione. Dovrò poi mettere in sicurezza (cioè pulire, “disinfestare”, rendere abitabili) le tre stanze disponibili, per poterle utilizzare come alloggio per me e per il mio primo collaboratore oltre che come magazzino dove sistemare le nostre cose; far fare alcuni mobili, provvedere alla cucina, ai servizi, recintare l’area della missione …. dopo, e solo dopo, si penserà un po’ più in grande.

Ripeto a voi tutti amici, ma in particolare agli amici ammalati, quello che dicevo a mia mamma tanti anni fa: “la missione cammina sulle vostre ginocchia”. E’ solo Dio che cambia i cuori delle persone e le apre al Vangelo. L’aiuto della preghiera è possibile a tutti ed è questo quello che vi chiedo prima di ogni altra cosa…

Teniamoci uniti con il rosario quotidiano.

 

Padre Riccardo