Le 15 malattie

La Curia romana è un piccolo modello della Chiesa, è come un “corpo” che cerca quotidianamente di essere più vivo, più sano, più unito in se stesso e con Cristo. In realtà è un corpo complesso, composto da vari elementi, e dinamico, che quindi non può vivere senza nutrirsi e curarsi. Come ogni corpo umano è anch’essa esposta alle malattie, al malfunzionamento, all’infermità.

Esistono alcune “malattie curiali”, malattie più abituali nella nostra vita di Curia, malattie e tentazioni che indeboliscono il nostro servizio al Signore.

Ecco il “catalogo” delle 15 malattie:

  1. La malattia del sentirsi “immortale”, “immune” o addirittura “indispensabile”, trascurando i necessari e abituali controlli. Una Curia che non si autocritica, che non si aggiorna, che non cerca di migliorarsi è un corpo infermo. E’ la malattia di coloro che si trasformano in padroni e si sentono superiori a tutti e non al servizio di tutti. L’antidoto a questa epidemia è la grazia di sentirci peccatori e di dire con tutto il cuore: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare” (Lc 17,10).
  2. La malattia del “martalismo” (che viene da Marta), dell’eccessiva operosità: ossia di coloro che si immergono nel lavoro, trascurando, inevitabilmente, “la parte migliore”: il sedersi ai piedi di Gesù. Il tempo del riposo, per chi ha portato a termine la propria missione, è necessario, doveroso e va vissuto seriamente: nel trascorrere un po’ di tempo con i famigliari e nel rispettare le ferie come momenti di ricarica spirituale e fisica; occorre imparare ciò che insegna il Qoelet: che “c’è un tempo per ogni cosa” (cfr 3,1).
  3. La malattia dell’“impietrimento” mentale e spirituale: ossia di coloro che posseggono un cuore di pietra e la “testa dura”. E’ pericoloso perdere la sensibilità umana necessaria per piangere con coloro che piangono e gioire con coloro che gioiscono! E’ la malattia di coloro che perdono “i sentimenti di Gesù” (cfr  Fil 2,5), cioè sentimenti di umiltà e donazione, di distacco e generosità; perché il loro cuore, con il passare del tempo, si indurisce e diventa incapace di amare incondizionatamente il Padre e il prossimo.
  4. La malattia dell’eccessiva pianificazione e del funzionalismo: quando l’apostolo pianifica tutto minuziosamente e crede che facendo una perfetta pianificazione le cose effettivamente progrediscano, diventando così un contabile o un commercialista. Preparare tutto bene è necessario, ma senza mai cadere nella tentazione di voler rinchiudere e pilotare la libertà dello Spirito Santo, che rimane sempre più grande, più generosa di ogni pianificazione. In realtà, la Chiesa si mostra fedele allo Spirito Santo nella misura in cui non ha la pretesa di regolarlo e addomesticarlo… Egli è freschezza, fantasia, novità!
  5. La malattia del cattivo coordinamento: quando le membra perdono la comunione tra di loro e il corpo smarrisce la sua armoniosa funzionalità e la sua temperanza, diventando un’orchestra che produce chiasso, perché le sue membra non collaborano e non vivono lo spirito di comunione e di squadra. (per es. se il piede dicesse al braccio: “non ho bisogno di te” o la mano alla testa: “comando io”, si creerebbero disagio e scandalo)
  6. C’è anche la malattia dell’“Alzheimer spirituale”: ossia la dimenticanza della propria storia di salvezza, della storia personale con il Signore. E’ un declino progressivo delle facoltà spirituali  che, presto o tardi, causa gravi handicap alla persona facendola diventare incapace di svolgere alcuna attività autonoma, vivendo in uno stato di assoluta dipendenza dalle sue vedute spesso immaginarie. Lo vediamo in coloro che hanno perso la memoria del loro incontro con il Signore o che dipendono completamente dal loro presente, dalle loro passioni, capricci e manie o che costruiscono intorno a sé muri e abitudini, diventando, sempre di più, schiavi degli idoli che hanno scolpito con le loro stesse mani.
  7. La malattia della rivalità e della vanagloria: quando l’apparenza, i colori delle vesti e le insegne di onorificenza diventano l’obiettivo primario della vita, dimenticando le parole di S.Paolo: ”Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri” (Fil 2,3-4).Sempre S.Paolo definisce questi individui “nemici della Croce di Cristo” in quanto “si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra.” (Fil. 3, 18.19)
  8. La malattia della schizofrenia esistenziale. E’ la malattia di coloro che vivono una doppia vita e che colpisce spesso coloro che, abbandonando il servizio pastorale, si limitano alle faccende burocratiche, perdendo così il contatto con la realtà, con le persone concrete. Creano così un loro mondo parallelo, dove mettono da parte tutto ciò che insegnano severamente agli altri e iniziano a vivere una vita nascosta e sovente dissoluta. E’ una malattia gravissima, per cui la conversione è indispensabile e molto urgente.
  9. La malattia delle chiacchiere, delle mormorazioni e dei pettegolezzi. Anche questa è una malattia grave, che inizia semplicemente per fare due chiacchiere ma poi si impadronisce della persona facendola diventare “seminatrice di zizzania” e in tanti casi “omicida a sangue freddo” della fama dei colleghi e dei propri confratelli. E’ propria delle persone vigliacche, che non avendo il coraggio di parlare direttamente lo fanno dietro le spalle. Fratelli, guardiamoci dal terrorismo delle chiacchiere!
  10. La malattia del divinizzare i capi. E’ la malattia di coloro che corteggiano i Superiori, sperando di poter ottenere la loro benevolenza. Sono persone vittime del carrierismo e dell’opportunismo, che vivono il servizio pensando solo a ciò che devono ottenere e non a quello che devono dare, individui meschini, infelici, ispirati solo dal proprio fatale egoismo. La stessa malattia può colpire anche i Superiori, quando corteggiano i collaboratori per ottenere la loro sottomissione, lealtà e dipendenza psicologica, ma il risultato finale è una vera complicità. 
  11. La malattia dell’indifferenza verso gli altri. Quando ognuno pensa solo a se stesso e perde la sincerità e il calore dei rapporti umani; quando chi è più esperto non mette la propria conoscenza al servizio dei colleghi che lo sono meno; quando chi viene a conoscenza di qualcosa la tiene per sé invece di condividerla positivamente con gli altri; quando, per gelosia o scaltrezza, si prova gioia nel vedere l’altro cadere invece di rialzarlo e incoraggiarlo.
  12. La malattia della faccia funerea, ossia delle persone burbere e arcigne, le quali ritengono che  per essere seri occorra dipingere il volto di malinconia, di severità e trattare gli altri – soprattutto quelli ritenuti inferiori­ – con rigidità, durezza e arroganza. L’apostolo deve sforzarsi di essere una persona cortese, serena, entusiasta e allegra che trasmette gioia ovunque si trova. Non perdiamo dunque quello spirito gioioso, pieno di humour, e persino autoironico, che ci rende persone amabili, anche nelle situazioni difficili. Quanto bene ci fa una buona dose di sano umorismo!
  13. La malattia dell’accumulare: quando l’apostolo cerca di colmare un vuoto esistenziale nel suo cuore accumulando beni materiali, non per necessità, ma solo per sentirsi al sicuro. In realtà, nulla di materiale potremo portare con noi, perché “il sudario non ha tasche” e tutti i nostri tesori terreni non riempiranno quel vuoto, anzi lo renderanno più esigente e più profondo. L’accumulo appesantisce solamente e rallenta il cammino inesorabilmente! Ricordo un aneddoto: un tempo, i gesuiti spagnoli definivano la Compagnia di Gesù  la “cavalleria leggera della Chiesa”. Un giovane gesuita, durante un trasloco, mentre caricava su un camion i suoi numerosi averi (bagagli, libri, oggetti regali), si sentì dire da un vecchio confratello che lo stava osservando: “Questa sarebbe la ‘cavalleria leggera della Chiesa?’”. I nostri traslochi sono un segno di questa malattia.
  14. La malattia dei circoli chiusi, dove l’appartenenza al gruppetto diventa più forte di quella al Corpo e, in alcune situazioni, a Cristo stesso. Anche questa malattia inizia sempre da buone intenzioni ma con il passare del tempo schiavizza i membri diventando un morbo che minaccia l’armonia del Corpo e causa molto male specialmente ai nostri fratelli più piccoli. Gesù in persona ci ricorda che “ogni regno diviso in se stesso va in rovina” (Lc 11,17)
  15. La malattia del profitto mondano, degli esibizionismi, quando l’apostolo trasforma il suo servizio in potere, e il suo potere in merce per ottenere profitti mondani o più poteri. E’ la malattia delle persone che cercano insaziabilmente di moltiplicare poteri e per tale scopo sono capaci di calunniare, di diffamare e di screditare gli altri, perfino su giornali e riviste, per esibirsi e mostrarsi più capaci dei propri simili. Anche questa malattia fa molto male al Corpo, perché porta le persone a giustificare l’uso di qualsiasi mezzo pur di raggiungere tale scopo, spesso in nome della giustizia e della trasparenza!

 

Fratelli, tali malattie e tentazioni sono naturalmente un pericolo per ogni cristiano e per ogni curia, comunità, congregazione, parrocchia, movimento ecclesiale, e possono colpire sia a livello individuale e comunitario.

Occorre rendersi conto che è solo lo Spirito Santo a guarire ogni infermità, a sostenere ogni sincero sforzo di purificazione e ogni buona volontà di conversione. E’ Lui a farci capire che ogni membro partecipa alla santificazione del corpo e al suo indebolimento, è Lui il promotore dell’armonia. (Sant’Agostino afferma: “Finché una parte aderisce al corpo, la sua guarigione non è disperata; ciò che invece fu reciso, non può né curarsi né guarirsi”).

La guarigione è anche frutto della consapevolezza della malattia e della decisione personale e comunitaria di curarsi sopportando pazientemente e con perseveranza la cura.

(discorso alla Curia Romana, 22/12/2014)