Costruire ponti

Costruire ponti vuol dire far incontrare due strade, creare relazioni.

Sono entrato in relazione con un villaggio in cui non andavo quasi mai, non c’erano cattolici… Anche noi missionari siamo afflitti dalle “vostre” malattie: pregiudizi, disprezzo, paure, rifiuto degli altri (diversi per cultura, tribù, religione, etc…), ma consoliamoci, le chiese cristiane degli inizi soffrivano e facevano soffrire per le stesse malattie.

Comunque, alla fine sono andato. Una volta arrivato mi hanno fatto una panoramica geografico-religiosa: in questo villaggio sono luterani, in quello sono musulmani, in quest’altro sono cattolici… Non ci ho messo molto a ricordarmi che sono qui per tutti e che tutti hanno il diritto alla mia attenzione, al mio tempo, al mio ascolto, al mio affetto. CHI mi manda è Padre di tutti.

I timidi tentativi di creare una comunità cristiana non hanno dato frutti, eppure, vedere quasi 150 ragazzi tra grandi e piccoli, farsi sei o più chilometri al giorno per venire a scuola non mi dava pace.

Frequenti ricerche di un posto adatto alla fine ci hanno premiato.

Ho fatto chiedere al capo villaggio di scegliere il giorno conveniente e di comunicarcelo ed il giorno designato è stato venerdì 16 giugno. L’incontro prevedeva due momenti:

  • Il primo nel cortile del capo-villaggio alla sua presenza e dei suoi consiglieri. Da parte nostra, oltre ai miei collaboratori, anche alcuni rappresentanti dei muratori e dei manovali che realizzeranno la scuola. Da parte loro la soddisfazione di vedersi scelti tra i tanti villaggi è stata accompagnata alla conferma di stare facendo il possibile per arginare il flagello del banditismo (l’ultimo conflitto a sangue ha lasciato 11 morti). Da parte nostra la fiducia che la collaborazione era indifferibile. Nei fatti, pur senza conoscermi, sapevano di me più di quanto immaginassi.
  • IMG-20170619-WA0002Il secondo momento si è svolto nell’appezzamento del terreno destinato alla scuola. Sul telo hanno preso posto una trentina di persone. Il momento, a dispetto delle apparenze, banali, quotidiane, era solenne. Si invocava la benedizione di DIO-CREATORE, di MADRE TERRA, dei FIUMI CHE DELIMITANO LA REGIONE, degli SPIRITI DEGLI ANTENATI… hanno citato solo alcuni nomi, penso si riferissero a quelli che hanno fondato il villaggio chiedendo insistentemente il successo, quello che loro chiamano RAVAKY NY TANANA (L’ORNAMENTO DEL VILLAGGIO): mi pare una bella definizione della scuola, se poi ricordiamo un proverbio africano che dice “Per generare un bambino occorrono i genitori, per educarlo, occorre un villaggio!”

IMG-20170619-WA0004In primo piano una bottiglia di acqua sorgente, attinta prima delle tre di notte e cioè prima dell’arrivo degli uccelli; una bottiglia di toaka-gasy (acquavite malgascia). Con le due il capo villaggio ha asperso ripetutamente la terra. Eravamo rivolti in direzione nord-est, angolo sacro, ricordo forse del luogo di provenienza dei primi malgasci.

Ovviamente la collaborazione comincia adesso, con gli imprevisti annessi. Ma, credetemi, sarà un’alleanza destinata a durare.

Da dentro un sacchetto di plastica il simpatico musetto di un’anatra, regalo simbolico, povero, ma importante per noi.

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Cominciamo con il segno della gratitudine per questa gente che ci accoglie per affidarci i suoi beni più preziosi: i loro figli!

Costruire ponti vuol dire allacciare due strade, due popoli, due tradizioni: scommettere che il futuro sarà migliore!