Visita pastorale nei luoghi di don Tonino Bello

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Per don Tonino capire i poveri era vera ricchezza. Il Vangelo, ricordava, chiama a una vita spesso scomoda, perché chi segue Gesù ama i poveri e gli umili. Una Chiesa che ha a cuore i poveri rimane sempre sintonizzata sul canale di Dio, non perde mai la frequenza del Vangelo e sente di dover tornare all’essenziale per professare con coerenza che il Signore è l’unico vero bene…

Don Tonino non stava con le mani in mano: agiva localmente per seminare pace globalmente, nella convinzione che il miglior modo per prevenire la violenza e ogni genere di guerre è prendersi cura dei bisognosi e promuovere la giustizia. Infatti, se la guerra genera povertà, anche la povertà genera guerra. La pace, perciò, si costruisce a cominciare dalle case, dalle strade, dalle botteghe, là dove artigianalmente si plasma la comunione…

E’ uomo della sua terra, perché in questa terra è maturato il suo sacerdozio. Qui è sbocciata la sua vocazione, che amava chiamare evocazione: evocazione di quanto follemente Dio predilige, ad una ad una, le nostre fragili vite; chiamata ad andare sempre avanti, a sognare con audacia, a decentrare la propria esistenza per metterla al servizio; invito a fidarsi sempre di Dio, l’unico capace di trasformare la vita in una festa. Questa è la vocazione secondo don Tonino: una chiamata a diventare non solo fedeli devoti, ma veri e propri innamorati del Signore, con l’ardore del sogno, lo slancio del dono, l’audacia di non fermarsi alle mezze misure. Perché quando il Signore incendia il cuore, non si può spegnere la speranza. Quando il Signore chiede un “sì”, non si può rispondere con un “forse”…

Don Tonino aveva desiderio di una Chiesa per il mondo: non mondana, ma per il mondo. Che il Signore ci dia questa grazia: una Chiesa non mondana, ma al servizio del mondo; non in attesa di ricevere, ma di prestare pronto soccorso; mai assopita nelle nostalgie del passato ma accesa d’amore per l’oggi…

Il nome di “don Tonino” ci dice anche la sua salutare allergia verso i titoli e gli onori, il suo desiderio di privarsi di qualcosa per Gesù che si è spogliato di tutto, il suo coraggio di liberarsi di quel che può ricordare i segni del potere per dare spazio al potere dei segni. Nell’amore per il Signore troviamo la forza di dismettere le vesti che intralciano il passo per rivestirci di servizio, per essere «Chiesa del grembiule, unico paramento sacerdotale registrato dal Vangelo»…

Gli piaceva dire che noi cristiani «dobbiamo essere dei contempl-attivi, con due t, cioè della gente che parte dalla contemplazione e poi lascia sfociare il suo dinamismo, il suo impegno nell’azione». Sentiamo  il suo invito pressante rivolto a ciascuno di noi e a noi come Chiesa a vivere il Vangelo senza sconti.

(Alessano, Incontro con i fedeli, 20/04/2018)

 

Il Pane e la Parola sono due elementi centrali per la vita cristiana.

Il Pane. Gesù nel Vangelo afferma: «Colui che mangia me vivrà per me». Vivere per è il contrassegno di chi mangia questo Pane, il “marchio di fabbrica” del cristiano.

Si potrebbe esporre come avviso fuori da ogni chiesa: “Dopo la Messa non si vive più per sé stessi, ma per gli altri”. Don Tonino diceva «l’Eucarestia non sopporta la sedentarietà» e senza alzarsi da tavola resta «un sacramento incompiuto». Possiamo chiederci: in me, questo Sacramento si realizza? Mi piace solo essere servito a tavola dal Signore o mi alzo per servire come il Signore? Dono nella vita quello che ricevo a Messa? E come Chiesa potremmo domandarci: dopo tante Comunioni, siamo diventati gente di comunione?

Insieme col Pane, la Parola. Saulo, uomo deciso e affermato,dopo la folgorazione, tace e va, docile alla Parola di Gesù. Accetta di obbedire, diventa paziente, capisce che la sua vita non dipende più da lui. Impara l’umiltà. Perché umile non vuol dire timido o dimesso, ma docile a Dio e vuoto di sé. E la Parola di Dio fa così: libera, rialza, fa andare avanti, umili e coraggiosi al tempo stesso. Non fa di noi dei protagonisti affermati e campioni della  propria bravura ma dei testimoni genuini di Gesù, morto e risorto, nel mondo.

Pane e Parola. Ad ogni Messa ci nutriamo del Pane di vita e della Parola che salva: viviamo ciò che celebriamo! Così, come don Tonino, saremo sorgenti di speranza, di gioia e di pace.

(Molfetta, S.Messa, Omelia, 20/04/2018)