Durante 13 lunghi anni
Il vescovo del Viêt Nam François-Xavier Nguyen Van Thuân ci dice che la sua era una S. Messa tuttaltro che stanca e annoiata !!!

Quando fui arrestato, non mi lasciarono niente in mano, ma mi permisero di scrivere a casa per richiedere vestiti o medicine. Io chiesi che mi inviassero del vino come medicina per lo stomaco. L’indomani, il direttore della prigione mi chiamò per domandarmi se soffrissi di mal di stomaco, se avessi bisogno di medicina e alle mie risposte affermative, mi diede un piccolo flacone di vino con l’etichetta: “medicina contro il mal di stomaco”.
Quello fu uno dei giorni più belli della mia vita!
Cosi ho potuto celebrare ogni giorno la Messa con tre gocce di vino e una goccia di acqua nel palmo della mano e delle ostie giunte nascoste in una fiaccola contro l’umidità.

Ho trascorso nove anni in isolamento. Durante questo periodo celebro la Messa ogni giorno verso le tre del pomeriggio: l’ora di Gesù agonizzante sulla croce. Sono solo, posso cantare la mia Messa come voglio, in latino, in francese, vietnamita… Porto sempre con me il sacchettino che contiene il SS. Sacramento: “Tu in me ed io in te”.
Sono le più belle Messe della mia vita.
La sera dalle 21 alle 22 faccio un’ora di adorazione, canto Pange Lingua, Adoro Te, il Te Deum e cantici in lingua vietnamita. Malgrado il rumore dell’altoparlante che dura dalle 5 del mattino alle 11.30 della sera, sento una singolare pace di spirito e di cuore, e la gioia, la serenità della compagnia di Gesù e Maria e Giuseppe. Come Gesù ha sfamato la folla che lo seguiva nel deserto, nell’Eucaristia è Lui stesso che continua ad essere cibo di via eterna…

…Nei momenti più drammatici, in prigione, quando ero quasi sfinito, senza forza per pregare né meditare, ho cercato un modo per riassumere l’essenziale della mia preghiera, del messaggio di Gesù, e ho usato questa frase: “Vivo il testamento di Gesù”. Cioè amare gli altri come Gesù mi ha amato, nel perdono, nella misericordia, fino all’unità, come Egli ha pregato: “Che tutti siano uno come tu, Padre, sei in me ed io in Te”(Gv. 17,21).

In quei terribili anni di isolamento, i più duri della mia vita vedevo solo due guardie che avevano l’ordine di non rivolgermi parola. Mi sentivo abbandonato da tutti e ho provato la stessa sofferenza di Gesù, solo sulla Croce. Ho pensato ai miei parrocchiani, ai fedeli, ai sacerdoti, ai religiosi, ai seminaristi che erano fuori, anche loro abbandonati e nella sofferenza, molti uccisi. In quell’abisso della mia debolezza, fisica e mentale, ho ricevuto la Grazia della Madonna. Non potevo più celebrare, ma ho recitato centinaia di volte l’Ave Maria, e la Madonna mi ha dato la forza di essere unito a Gesù inchiodato sulla Croce: ho sentito come Gesù abbia potuto salvare l’Umanità, lì, solo sulla Croce, nell’immobilità assoluta.
Le guardie poco a poco mi capirono. Diventammo amici. Mi aiutarono. Mi permisero di tagliare un pezzo di legno in forma di Croce. Lo nascosi nel sapone. Mi tagliai un pezzo piccolo piccolo di filo elettrico. Mi prestarono due piccole tenaglie. Mi aiutarono a lavorarlo. La Croce che porto è fatta con il legno della prigione e quel filo elettrico! Questa Croce è una continua chiamata: amare sempre! Perdonare sempre! Vivere il presente per l’evangelizzazione! Ogni minuto deve essere per l’amore verso Dio.

Quando poi ero con altre persone di fede cattolica, venivo rifornito di vino e di ostie dai familiari che andavano a trovarli. Sia pure in modi diversi, ho potuto celebrare quasi sempre la messa, da solo o con altri. Lo facevo dopo le 21,30 perché a quell’ora non c’era più luce e potevo organizzarmi affinché i cattolici fossero insieme. Tutto il gruppo dormiva su un letto comune, testa contro testa, piedi fuori, venticinque per parte. Ognuno aveva a disposizione cinquanta centimetri, eravamo come sardine!
Quando celebravo e davo la comunione, sciacquavamo la carta dei pacchetti di sigarette dei prigionieri, e con il riso la incollavamo per farne un sacchetto dove mettervi il santissimo.

Ogni venerdì, era prevista una sessione di indottrinamento sul marxismo e tutti i prigionieri dovevano parteciparvi. Seguiva, poi, una breve pausa durante la quale i cinque cattolici portavano il santissimo ad altri gruppi. Anch’io lo portavo in un sacchettino nella mia tasca e la presenza di Gesù mi aiutava ad essere coraggioso, generoso, gentile e a testimoniare la fede e l’amore agli altri.
La presenza dell’eucaristia operava meraviglie perché anche tra i cattolici alcuni erano meno fervidi, meno praticanti… vi erano ministri, colonnelli, generali e in prigione ciascuno ogni sera faceva un’ora santa, un’ora di adorazione e di preghiera a Gesù nell’Eucaristia.
Così nella solitudine, nella fame, una fame terribile, era possibile sopravvivere. In tale modo siamo stati testimoni nella prigione. Il seme è andato sotto terra. Come sarebbe germogliato? Non lo sapevamo. Ma pian piano uno dopo l’altro i buddisti, quelli delle altre religioni… esprimevano il desiderio di diventare cattolici…
La presenza dell’Eucaristia ha cambiato la prigione che da luogo di vendetta, di tristezza, di odio era diventata luogo amicizia, di riconciliazione e scuola di catechismo.
Il governo, senza saperlo aveva preparato una scuola di catechismo!
La presenza dell’Eucaristia è fortissima, la presenza di Gesù è irresistibile.
In occasione del quinto anniversario della morte del Cardinale Van Thuân, Benedetto XVI ha detto di lui: “uomo di speranza, viveva di speranza e la diffondeva tra tutti coloro che incontrava”, per chi desidera approfondirne la conoscenza:
Biografia ufficiale pubblicata sul sito della Santa Sede
Omelia di Giovanni Paolo II per il funerale
L’Osservatorio Internazionale Card. Van Thuân istituito per promuovere la dottrina sociale della Chiesa.
Una pagina da: F. X. Nguyen Van Thuan, Testimoni della Speranza – Esercizi spirituali tenuti alla presenza di Giovanni Paolo II
Nell’Enciclica sulla speranza, il Papa parla del Cardinale Van Thuan