Le preghiere che non feci furono esaudite
Le preghiere che non feci furono esaudite
A forza di vederne tanti di campioni ci siamo fatti l’idea che siano tutti inflessibili, forti, temerari, magari insensibili e comunque …. sempre vincenti!
Questa volta il campione ci da una “lezione di vita”.
Anzi, una lezione di fede.
E se é cosi, sotto il baobab abbiamo incontrato una galleria di campioni che avendo conosciuto Cristo, avendolo amato “sopra ogni cosa”….. hanno superato tutti gli ostacoli, e sono diventati infinitamente più umani, anzi “imitabili”.

Le preghiere che non feci furono esaudite
Chiesi a Dio di essere forte
per eseguire progetti grandiosi:
Egli mi rese debole per conservarmi nell’umiltà.
Domandai a Dio che mi desse la salute
per realizzare grandi imprese:
Egli mi ha dato il dolore per comprenderla meglio.
Gli domandai la ricchezza per possedere tutto:
mi ha fatto povero per non essere egoista.
Gli domandai il potere perché gli uomini avessero bisogno di me:
Egli mi ha dato l’umiliazione perché io avessi bisogno di loro.
Domandai a Dio tutto per godere la vita:
mi ha lasciato la vita
perché potessi apprezzare tutto.
Signore, non ho ricevuto niente di quello che chiedevo,
ma mi hai dato tutto quello di cui avevo bisogno
e quasi contro la mia volontà.
Le preghiere che non feci furono esaudite.
Sii lodato; o mio Signore, fra tutti gli uomini
nessuno possiede quello che ho io!
Quando Kirk Douglas Kilgour ha recitato questa preghiera in piazza san Pietro, in occasione del Giubileo degli Ammalati l’11 febbraio 2000 a Roma, ha commosso il mondo e in particolare il mondo sportivo.
È un profondo testamento spirituale di un vero, riconosciuto campione sportivo soprannominato “L’angelo biondo” per la sua battuta in salto. Questa preghiera è un messaggio di speranza, una dimostrazione di umiltà, un inno alla vita.
Kirk Douglas Kilgour è stato uno dei più grandi pallavolisti dei suoi tempi.
Campione universitario nel 1970 e 1971, nella Nazionale alle Olimpiadi di Monaco del 1971 e poi per sette anni membro della Nazionale USA.
Per la sua notorietà, nel 1973, è stato ingaggiato dall’Ariccia Volley, ed è qui in Italia che gli è stato dato quel soprannome di “angelo biondo”. In Italia è arrivato ad essere Assistente Allenatore della Nazionale Italiana. Tutto questo fino al 1976.
E’ l’8 gennaio 1976, proprio durante un allenamento della Nazionale, al palasport di Viale Tiziano, e mentre svolge un esercizio al “cavallo”, cade malamente, la testa si infila fra due materassini, il collo esegue un movimento innaturale. Kirk esplode in un urlo di dolore e disperazione: non riesce più a muoversi. La diagnosi è impietosa: lussazione della vertebra cervicale con lesione al midollo spinale, con conseguente totale e irreversibile paralisi ai quattro arti.
Una mazzata del genere avrebbe distrutto chiunque, non Kirk Kilgour: non si rassegna alla “condizione di fossile” (è una sua espressione), visto che “l’importante è che funzioni la testa” (altra sua frase), e dimostra forza, volontà e coraggio tali, da fare invidia ad un campione in piena attività.
Progetta una sedia/barella con congegni inediti comandati da impulsi vocali che l’accompagna per il resto per la vita e l’aiuta a portare avanti le sue molteplici attività in giro per il mondo (“Non sono su una sedia a rotelle, sono su una macchina dei campi da golf, e non pago neanche la tessera del Golf Club” era solito dire).
Torna negli Stati Uniti ed inizia una carriera da commentatore sportivo (in questo ruolo torna nell’84 alle Olimpiadi che l’avevano già visto protagonista come atleta) e da allenatore “Head Coach” alla Pepperdine University dal 79 all’81 e vice-allenatore nell’85 quando il college conquista il titolo NCAA. Fra le sue innumerevoli attività ci sono anche quelle di scrittore, produttore, consulente sull’handicap, docente a corsi di motivazione e volontario negli ospedali.
Fra gli innumerevoli riconoscimenti è da ricordare la Lettera Presidenziale di Merito per il servizio alla comunità per la sua opera dedicata ai soggetti disabili.
Kirk Douglas Kilgour é tornato al Padre nel 2002, a 54 anni, la lunghissima inattività ha fatto peggiorare le sue condizioni finché il suo cuore ha cessato di battere per sempre.
